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Ancona, concluso al Palaindoor il tour marchigiano del premier Matteo Renzi

Il Primo Ministro, a quattro giorni dal voto referendario, non ha risparmiato qualche frecciata diretta al fronte del No

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Matteo Renzi

Si è concluso presso il Palaindoor di Ancona il mini-tour marchigiano del premier Matteo Renzi: davanti a degli spalti gremiti, l’ex-sindaco di Firenze ha ricordato l’incontro avuto qualche ora prima, a Macerata, con i sindaci dei Comuni colpiti dal terremoto, soffermandosi poi a lungo sul referendum costituzionale del 4 dicembre.

Arrivato sul palco con qualche minuto di ritardo rispetto al programma, il premier inizialmente ha voluto ringraziare il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio, il Commissario per la Ricostruzione Vasco Errani e il Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli per il lavoro finora svolto a favore delle migliaia di persone interessate dalle scosse dei mesi scorsi: nell’ottica di far riparartire le zone terremotate, egli ha inoltre invitato gli italiani a scegliere le Marche come meta delle loro prossime vacanze.

Il discorso è quindi virato sull’imminente referendum, a soli quattro giorni dal voto. Renzi ha difeso strenuamente la proposta di abrogazione del bicameralismo perfetto, evidenziando come, tra tutti i Paesi dell’Unione Europea, l’Italia sia la sola a prevederlo: sempre a tal proposito, il Primo Ministro ha ricordato diversi personaggi politici del passato apertamente schierati contro il bicameralismo, come Palmiro Togliatti, Nilde Iotti, Don Luigi Sturzo e Giovanni Spadolini.

Ribadito anche il concetto del Sì come scelta orientata alla semplificazione dell’iter legislativo, semplificazione che, secondo Renzi, aiuterebbe a portare nuovamente l’Italia sullo stesso piano di Francia e Germania. Il premier ha poi ringraziato Romano Prodi per il sostegno al Sì dichiarato in giornata: una presa di posizione significativa, secondo lui, poiché espressa pur con qualche dubbio generale sulla riforma.

Renzi al PalaindoorMatteo Renzi ad AnconaMatteo Renzi ad Ancona

D’altro canto, non sono mancate le stoccate rivolte ai principali oppositori politici nonché sostenitori del No: a Matteo Salvini, attaccato per le poche presenze come europarlamentare a Bruxelles e Strasburgo; a Silvio Berlusconi, secondo cui Renzi sarebbe “un grande statista nei giorni pari, un dittatore in quelli dispari”; a Luigi Di Maio, aspramente redarguito per l’accostamento alla sanguinaria dittatura di Augusto Pinochet, e a Beppe Grillo, reo di aver invitato a votare “di pancia” l’elettorato del M5S, senza entrare nel merito della riforma.

Nelle battute finali dell’incontro, il premier ha infine invitato gli indecisi tra la folla ad esprimere i loro dubbi: egli ha quindi espresso le proprie rassicurazioni sulla paventata deriva autoritaria qualora dovesse vincere il Sì (“nessun articolo della Costituzione inerente il potere espresso dal Premier viene modificato”), per poi dirsi rammaricato per l’assenza del vincolo di mandato (“non c’erano i numeri, come per le Regioni a statuto speciale”) e concludendo infine il proprio discorso con la sottolineatura dell’importanza del gioco di squadra nell’ottenimento dei grandi traguardi.

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