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Il killer del catamarano a piede libero: De Cristofaro scomparso da ottobre

L’uomo era stato fermato in Portogallo perché in possesso di documenti falsi

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La foto di Filippo Antonio De Cristofaro, latitante arrestato dalla squadra mobile di Ancona

Il giallo del killer del catamarano si arricchisce di un nuovo capitolo. Filippo De Cristofaro, condannato all’ergastolo per l’omicidio della skipper 33enne Annarita Curina, sarebbe irreperibile dallo scorso ottobre.

L’efferato omicidio si consumò nell’estate del 1988 catalizzando ben presto l’attenzione dell’opinione pubblica. Il corpo della Curina venne ripescato al largo di Senigallia il 28 giugno del 1988, diciotto giorni dopo la partenza dal porto di Fano dell’ imbarcazione.

Ai tempi De Cristofaro progettava di trasferirsi in Polinesia con la sua compagna, la 17enne Diana Beyer. I due avevano incontrato a Fano la skipper Annarita Curina che stava per salpare con il suo catamarano proprio verso la metà sognata dai due. La pesarese li prese a bordo con il patto di dividere le spese. Appena fuori dal porto però, De Cristofaro narcotizzò la skipper e la uccise a colpi di machete in modo da impadronirsi della barca e raggiungere la meta senza terzi incomodi.

Il corpo della vittima venne prima zavorrato e poi buttato a mare nella speranza che non risalisse a galla. Il fondale basso però non aiutò De Cristofaro: 18 giorni dopo l’omicidio, a sette miglia al largo di Marzocca di Senigallia, il cadavere straziato di Annarita rimase impigliato nelle reti a strascico dai pescatori dell’‘Azzurra ’83‘. Bastò poco per risalire all’identità della vittima e scoprire che la skipper si era imbarcata alcune settimane prima con la coppia. Subito iniziò una caccia internazionale  all’uomo .

De Cristofaro non vide mai le spiagge bianche polinesiane: la sua corsa terminò in Tunisia dove venne bloccato ed arrestato. Estradato in Italia, tentò di sostenere che ad uccidere la skipper fosse stata l’olandesina ma non fu creduto e venne condannato a 30 anni in primo grado.

Il 6 luglio del 2007, durante un permesso premio, evase dal carcere di Opera (Milano), ma venne catturato il mese successivo ad Utrecht, in Olanda, dalla Polizia locale, in esecuzione di un ordine di carcerazione della Procura Generale c/o la Corte di Appello di Ancona. Il successivo 5 novembre 2007 venne estradato da Amsterdam e portato prima al carcere romano di Rebibbia ed in seguito a quello di Porto Azzurro, sull’Isola d’Elba dal quale evase una seconda volta, il 21 aprile 2014, durante un permesso premio di tre giorni nel periodo pasquale.

Da allora sono scattate le ricerche della  squadra mobile dorica, in collaborazione prima con la Procura generale presso la Corte d’Appello di Ancona e successivamente con la Procura della Repubblica di Milano. Ricerche che portarono  venerdì 20 maggio all’arresto in Portogallo con l’individuazione in un villaggio, Sintra, a 30 km dalla capitale, appena salito su un convoglio ferroviario diretto a Lisbona.

Grazie a dei documenti falsificati (un passaporto, una carta di identità e una patente nautica italiane contraffatte), aveva cambiato ovviamente nome: si faceva chiamare Andrea Bertone e manteneva un aspetto dimesso per non farsi riconoscere.

Ora arriva il nuovo colpo di scena: De Cristofaro sarebbe scomparso dall’ottobre scorso perché l’Autorità giudiziaria portoghese non avrebbe concesso l’estradizione e, di conseguenza, l’uomo sarebbe stato scarcerato e si sarebbe reso irreperibile.

L’ uomo era stato arrestato per possesso di documenti falsi in Portogallo ma aveva esaurito il suo termine di custodia cautelare ed era stato pertanto scarcerato. Dal Portogallo non è mai arrivata una risposta a proposito della richiesta di estradizione. Della vicenda si sta interessando anche il Ministero della Giustizia italiano.

La responsabilità è delle autorità portoghesi, si parla tanto della giustizia italiana ma se l’avessimo fatta noi una cosa del genere ci avrebbero massacrato– ha riferito all’Ansa l’ex pm milanese Ferdinando Pomarici – Con tutta la fatica che abbiamo fatto per prenderlo, ora chi lo dice ai familiari della vittima?“.

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