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Biogas, aree non idonee all’installazione di impianti: interviene Italia Nostra

Italia NostraIl complesso della legislazione vigente in materia di partecipazione di cittadini e associazioni ai procedimenti attivati dalle pubbliche amministrazioni e in particolare in materia ambientale comporta, ormai, taluni obblighi ai quali gli enti pubblici non possono più sottrarsi ma comporta anche, di converso, nuove responsabilità in capo alle medesime associazioni culturali e ambientaliste ad agire per la difesa degli interessi collettivi e dei beni comuni.



Si ricordano qui per brevità l’art. 13 della L. 349/86 che istituisce l’elenco delle Associazioni ambientaliste riconosciute dallo Stato, di cui Italia Nostra fa parte; l’art. 9 della L.241/90 sulla facoltà di cittadini e associazioni di intervenire nei procedimenti amministrativi; l’art. 3 della L. 39/1997 sull’accesso del pubblico alle informazioni ambientali; e ancora l’art. 10, terzo comma del D.Lgs. 152/2006 che prevede la garanzia che il pubblico interessato da piani e programmi sottoposti a valutazioni ambientali venga in tutti i casi adeguatamente informato. E’ evidente che il tema oggetto della proposta di delibera regionale di cui trattasi è certamente tra quelli che attengono alla sfera degli interessi collettivi e che comportano conseguenze rilevanti sui beni comuni territoriali e sul paesaggio in particolare.

Riteniamo a questo riguardo che codesta Amministrazione avrebbe potuto e dovuto, a nostro parere, informare le Associazioni convocate all’incontro del 28.11 u.s. ben prima di quanto avvenuto, consentendo così una valutazione più approfondita e dettagliata della complessa proposta in esame. Si chiede inoltre di sapere se codesta Regione Marche abbia già richiesto sull’atto il parere degli uffici decentrati del MIBAC o, comunque, se intenda richiederlo prima di emanare la deliberazione in oggetto; riteniamo infatti che le decisioni da assumere coinvolgano aspetti di indubbia rilevanza sul paesaggio, come noto tutelato dalla Costituzione, dalla Convenzione Europea e dal D.Lgs. n. 42/2004, tramite dagli organi periferici del MIBAC.

Si presentano di seguito considerazioni generali riguardanti la possibilità di fruire delle risorse rinnovabili disponibili sul territorio, con modalità che dovranno risultare sempre compatibili con le vocazioni e i valori ambientali, paesaggistici, socio-culturali ed economici presenti nel territorio della nostra Regione. Italia Nostra è da sempre favorevole all’incentivazione delle fonti rinnovabili di energia a condizione che questa sia prodotta da impianti di piccola dimensione: micro e mini eolico, solare/fotovoltaico (con esclusione dei suoli agricoli), da biomasse di scarto da filiera corta, geotermico con esclusione delle aree a rischio idrogeologico e geomorfologico; comunque nel quadro di una programmazione che garantisca realmente la riduzione progressiva dell’incidenza degli impianti alimentati da fonti energetiche fossili e non rinnovabili e fortemente inquinanti (quali gli idrocarburi), in gran parte provenienti da paesi esteri. Importante è poi la collocazione di questi impianti esculdendo tutte le aree vincolate e/o paesaggisticamente rilevanti, i centri storici, i monumenti, le aree di interesse storico, etc, etc. L’attuale normativa sull’utilizzo delle biomasse per la produzione di energia elettrica evidenzia un difetto di fondo, dovuto ad una delle leggi finanziarie del Governo Prodi che per prima introdusse un’incentivazione per la frazione organica nelle rinnovabili, consentendo che impianti a biomassa potessero bruciare anche rifiuti, ma precisando che, in tal caso, l’energia prodotta non avrebbe goduto degli incentivi.

Questa possibile commistione ha già prodotto pericolosi effetti. Come noto Italia Nostra si batte dagli anni ’70 (inceneritore di Bolignano di Ancona) contro gli inceneritori, che siano travestiti da termovalorizzatori o da impianti di teleriscaldamento, nonostante tutte le precauzioni contro fumi tossici e micro particelle che si possano adottare perché comunque – a nostro parere – insufficienti. In particolare gli impianti a biomasse, diffusi sul territorio, possono bruciare materia vegetale e residui agricoli di vario genere difficilmente controllabili sotto il profilo delle loro emissioni in atmosfera. Il fatto che possano bruciare anche rifiuti (vedi oli esausti o frazione umida dei rifiuti urbani) li mette in condizione di creare possibili danni ambientali e alla salute in proporzioni parimenti rilevanti dei termovalorizzatori considerato che, in materia di biomasse, le prescrizioni sui fumi sono certamente meno restrittive e che i controlli sono assolutamente ancora meno frequenti.

Rischiamo quindi di seminare il territorio di tante piccole potenziali “bombe ecologiche” e questo in alcuni ambiti sta già avvenendo o è già avvenuto (si pensi alla bassa Vallesina già gravata da detrattori ambientali di grande impatto) con conseguenze difficilmente controllabili per via del cumulo degli impatti. A questo proposito concordiamo con l’indicazione contenuta nelle “Prescrizioni generali e criteri di sostenibilità” relative all’utilizzo dei rifiuti già presente nella bozza di proposta, ma riteniamo che essa non sia ancora sufficiente. Pertanto, per evitare che gli impianti a biomasse brucino combustibili impropri o di dubbia provenienza (e ne ricavino addirittura un incentivo) riteniamo necessario che la Regione, in linea generale, si doti di un’efficiente sistema per disporre severi e continui controlli sugli impianti in funzione e su quelli da realizzare.

Altro punto che riteniamo essenziale è quello relativo al bacino di approvvigionamento della biomassa, ovvero di quel territorio di prossimità da cui questa si preleva a costi accettabili, in modo da rendere sostenibile l’impianto sotto i diversi profili economico, ambientale e della salvaguardia della prioritaria produzione agro-alimentare. Riteniamo che tale questione, proprio perché di assoluta rilevanza, vada ulteriormente affrontata in maniera approfondita e sistematica in fase di individuazione dei “criteri tecnici applicativi” delle prescrizioni generali, fase peraltro già prevista dalla presente proposta di deliberazione. A tal proposito si vuol qui riportare quanto richiamato nel parere emesso il 9 febbraio 2011 dalle commissioni parlamentari ambiente e attività produttive della Camera al Decreto legislativo n. 28 del 3 marzo 2011, laddove tra le osservazioni si prevede:

Al fine di evitare l’utilizzo di combustibili impropri negli impianti di produzione energetica da biomasse e i conseguenti problemi di accettazione da parte della popolazione delle aree interessate, nonché al fine di dare maggior peso al principio di «filiera corta», valuti il Governo l’opportunità di inserire, al comma 3 dell’articolo 22, disposizioni volte a: 1) dettare norme di maggior favore per gli impianti che nell’ambito della filiera corta predispongano una accurata pianificazione del proprio bacino di approvvigionamento, tale da assicurarne la regolarità, la continuità e l’efficiente funzionamento; 2) introdurre la sanzione aggiuntiva della perdita dell’incentivazione per gli impianti che violino le prescrizioni in materia di combustibili utilizzabili; 3) prevedere disposizioni che favoriscano la stabilità dei rapporti tra fornitori dei combustibili e l’impianto, ivi compresa la partecipazione societaria dei fornitori stessi sino alla data di esaurimento degli incentivi; 4) aggiornare costantemente la definizione di «parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani» sulla base del miglioramento delle conoscenze e tenuto conto della necessità di applicare il principio di precauzione. Valuti il Governo l’opportunità di sostenere la qualità e la tracciabilità delle biomasse legnose da filiera corta, promuovendo la realizzazione di piattaforme logistiche di produzione di biocombustibili legnosi di qualità”.

Il richiamo al bacino d’approvvigionamento è la migliore garanzia di compatibilità del’impianto con il territorio in cui è insediato. Nel testo in esame dovrebbero essere incorporate le suddette raccomandazioni delle commissioni parlamentari. La questione sui limiti del prelievo è fondamentale per il mantenimento ambientale e di conseguenza paesaggistico delle aree protette e di tutte le aree boscate in generale. deve essere introdotto, per gli impianti collocati in aree limitrofe a quelle protette, un espresso divieto di prelievo dalle aree protette. Le biomasse delle aree protette dovrebbero essere gestite, in forme assolutamente prudenziali, dagli organi di gestione delle aree stesse (che ne possono disporre l’utilizzo interno o procedere alla loro vendita). Vanno quindi introdotti precisi limiti di prelievo anche a tutela delle aree boscate, per evitare che, dopo decenni in cui i boschi della regione si sono ampliati, questi siano presi d’assalto in forme insostenibili anche dai gestori di impianti a biomasse. Vogliamo infine ricordare che esiste lo strumento del Registro italiano dei serbatoi di carbonio, che considera le aree boscose come serbatoio di immagazzinamento del carbonio e che offre anch’esso forme di incentivazione. Va introdotta infine, a nostro parere, una disposizione che coordina il prelievo di biomassa legnosa nelle aree che sono o che saranno iscritte al Registro con la normativa sulle biomasse.

Note sulle “Prescrizioni generali e criteri di sostenibilità”. In linea generale si condividono le indicazioni contenute nella proposta riferite al consumo di suolo agricolo (da ridurre al minimo indispensabile preferendo ovunque possibile l’utilizzo di fabbricati accessori e capannoni esistenti) e alle distanze degli impianti dai centri abitati (meglio comunque aggiungere “e nuclei”) e dai singoli edifici residenziali; distanze però da determinare anche in funzione delle specifiche e diverse condizioni morfologiche e di intervisibilità tra elementi recettori e impianti e non solo su base lineare, soprattutto in presenza di edifici di valore storico-architettonico, per i quali tali condizioni diventano determinanti.

In particolare però si evidenzia che la questione del cumulo degli impatti è affrontata in termini del tutto insufficienti sia dal punto di vista specificatamente geografico – territoriale, in quanto non c’è alcun riferimento alla dimensione o ai criteri da assumere per individuare la “medesima area” e le “aree contigue”; né è presente alcuna indicazione circa la potenza massima installabile all’interno di una stessa area di riferimento per la valutazione degli impatti cumulativi; né infine si affronta il tema della definizione dei bacini visuali all’interno dei quali verificare il cumulo degli impatti percettivi. E’ infatti evidente come vi siano situazioni territoriali per le quali già esistono condizioni pregresse di carico ambientale che non potrebbero sopportare la realizzazione di ulteriori impianti, seppur di piccola o media taglia; ci riferiamo in modo particolare all’ambito individuato come “Area ad alto rischio di crisi ambientale” dalla stessa Regione e alle altre aree ricadenti nella bassa Vallesina, per le quali si dovrebbe escludere tale tipologia di impianti.

Seguono considerazioni più specifiche e puntuali riferibili all’individuazione delle aree e dei siti non idonei alla costruzione di impianti da fonti rinnovabili che presentano sempre caratteristiche proprie degli impianti industriali più o meno impattanti in termini negativi sui contesti ambientali e paesistici nei quali vengono localizzati (per ingombri fisici e consumo di suolo, per emissioni di C02 e particolato, per impatti sull’avifauna, sull’habitat vegetale e sul paesaggio in generale). Si condividono e confermano le scelte di non idoneità di localizzazione previste dal documento. Oltre a queste si devono escludere anche tutte quelle incluse nella Rete Ecologica delle Marche, in quanto costituente il “patrimonio territoriale ed ecosistemico per la tutela e per l’arricchimento della biodiversità regionale”. Nella determinazione delle “filiere corte”, si deve tener presente che i vantaggi associati ai costi di produzione e trasporto dei combustibili vengono vanificati da polveri e inquinanti (sempre presenti nel caso di alimentazione con biomasse solide) a cui vengono sottoposte le aree vicine. Per la scelta delle aree si deve prendere in considerazione non solo il valore storico e/o testimoniale (spesso determinante per la modifica provocata nel paesaggio), ma anche il rischio sanitario e igienico/ambientale dei territori adiacenti.

Per il consumo di suolo e per l’impatto sul paesaggio si tenga presenta la Convenzione Europea del Paesaggio ricordando che, per la Convenzione, tutto il territorio è paesaggio, “componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni” ed elemento, ugualmente essenziale, per il loro benessere, per cui devono essere avviate procedure di partecipazione della cittadinanza, qualora si adottino politiche e misure che possano trasformarlo. A conclusione della presente nota confermiamo il nostro interesse a proseguire il confronto anche sui previsti “criteri tecnici applicativi”, qui in parte anticipati, e invitiamo sin d’ora la Regione Marche a voler trasmettere la proposta di aggiornamento del PEAR con congruo anticipo rispetto alla sua approvazione da parte della Giunta Regionale, in modo da consentire alla scrivente Associazione di intervenire con adeguata cognizione di causa e il necessario approfondimento.

da Italia Nostra

Redazione Ancona Notizie
Pubblicato Lunedì 10 dicembre, 2012 
alle ore 12:05
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