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Jesi ricorda i “Martiri XX Giugno”

Liberazione a JesiGiornata di memoria, quella di domani domenica 20 giugno, per la città di Jesi che ricorda il 66° anniversario dell’eccidio di sette partigiani nella campagna di Montecappone.

In considerazione del preannuncato peggioramento delle condizioni metereologiche, le celebrazioni dei “Martiri XX Giugno” verranno però spostate alla domenica successiva (27 giugno).
 


Vengono ricordati come i “Martiri XX Giugno” e i loro nomi sono riportati nel cippo eretto nel luogo dove vennero fucilati: Armando e Luigi Angeloni, rispettivamente di 25 e 18 anni, Francesco Cecchi e Alfredo Santinelli anch’essi di 18, Mario Saveri di 23 anni, Enzo Carboni e Calogero Grasceffo entrambi ventenni.

Per commemorare una delle pagine più tristi della nostra storia, l’Amministrazione comunale e il Comitato cittadino per la difesa delle istituzioni democratiche invitano i cittadini a partecipare alle iniziative organizzate a partire dal tardo pomeriggio di domenica 27 giugno secondo il seguente programma: alle 19, formazione del corteo al bivio “Bellavista” di Montecappone; alle 19.15 commemorazione ufficiale presso il cippo dei Martiri XX Giugno ad opera del professor Ero Giuliodori. Un pulmino verrà messo a disposizione gratuitamente dal Comune per accompagnare quanti vorranno intervenire. Effettuerà le seguenti fermate: 18.15 in piazza della Repubblica, 18.30 presso l’arco Clementino, 18.45 in via Roma.

Quello che accadde il 20 giugno 1944 è rievocato nel volume “L’anno più lungo” dello storico locale Giuseppe Luconi.

Sono all’incirca le sette di sera: in via Roma, all’altezza dell’edicola del Crocefisso, una trentina di giovani sono seduti avanti casa e discutono sui fatti del giorno. Improvvisamente arrivano tedeschi e fascisti, i quali, dopo aver bloccato gli accessi della via, obbligano i giovani a mettersi in fila e ad incamminarsi verso la villa Armarmi, in contrada Montecappone. Giunti alla villa, i giovani vengono rinchiusi nella brigata del colono Massacci, perquisiti, minacciati, bastonati e rimessi in libertà: tutti, meno sette, che una spia di Fabriano (una donna?) qualifica come partigiani. Contro questi sette si accanisce la rabbia nazifascista. Vengono seviziati e torturati a lungo: da lontano si odono le loro grida di dolore e di implorazione. Riconosciuti come partigiani, vengono condannati a morte, senza processo. Agli abitanti della villa e della casa colonica sono impartiti ordini perentori: nessuno esca ed ogni porta e finestra sia serrata!.

Quando i sette vengono spinti in un vallone a circa duecento metri dalla villa, sono irriconoscibili per le violenze subìte. Poi il tragico epilogo: una scarica di mitraglia ed i corpi cadono dalla ripa, rotolando. Qualcuno si contorce, tra gli spasimi estremi chiama la mamma, invoca Iddio. Allora vengono finiti coi pugnali, coi calci dei fucili: negli orecchi, negli occhi, sui petti”.

dal Comune di Jesi

Redazione Ancona Notizie
Pubblicato Sabato 19 giugno, 2010 
alle ore 19:32
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