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La congiuntura nella provincia di Ancona, dati dell’indagine CNA

CNA: “Regna sovrana l’incertezza, le imprese non investono e lavorano con capacità produttiva altamente inutilizzata”

CNAProsegue l’indagine congiunturale della Cna della provincia di Ancona che, tramite il centro Studi Sistema della Cna delle Marche, ogni tre mesi tasta il polso alla crisi intervistando direttamente le piccole e medie imprese del territorio.
 


Sono ora pronti i risultati relativi alla congiuntura del secondo trimestre 2010 e alle previsioni per il terzo.

In sintesi è l’incertezza che domina sulle previsioni. Non si può parlare di vero alleggerimento della crisi perché in realtà sono le imprese che si sono adeguate alla crisi stessa non assumendo, anzi licenziando in alcuni casi, e soprattutto non investendo.

I dati dell’indagine Cna rilevano infatti il blocco degli investimenti e la fine del processo di licenziamento, che in realtà non vuol dire miglioramento della situazione, ma solo che il fondo è già stato toccato perché le imprese hanno già estromesso gli operatori o non sostituito gli addetti usciti per pensionamento.

Le indicazioni raccolte dai vari centri studi e osservatori – dice ildirettore del Centro Studi Cna Giovanni Dininon sono concordi nel definire la ripresa come decisamente in atto. Piuttosto si può parlare di alleggerimento della crisi o di superamento della sua fase più acuta. Il punto più basso della caduta recessiva è stato superato: ora ci si rialza ma prima di tornare ai livelli di prima passerà molto tempo. Anzi, alcuni cominciano a pensare che non ci si tornerà più”.

L’Italia resta indietro rispetto ad una Unione Europea che a sua volta resta indietro rispetto alle grandi economie, vecchie e nuove. E l’effetto Italia influenza le prospettive della nostra regione, che come le altre realtà più dinamiche del Paese, rischia di perdere colpi perché manca una strategia nazionale di rilancio della domanda interna e di rilancio dell’immagine nazionale all’estero.

Tra le conseguenze di questi rischicontinua Dinivi è la progressiva grave perdita di competitività dal lato dei livelli di efficienza delle imprese: molte delle quali lavorano con capacità produttiva ampiamente inutilizzata, e devono così affrontare costi fissi insostenibili che non possono più trovare copertura in aumenti della produzione”.

Altro aspetto rilevante scaturito dall’indagine, è che molte imprese non hanno più margini di redditività per procedere a investimenti di riorganizzazione o di innovazione: non possono così disinvestire vecchi asset né investire in nuovi; non possono tenere il passo dell’evoluzione tecnologica, non possono riorganizzare le proprie attività né riorientare le produzioni o i servizi.

Sono penalizzate in questo oltre che dal ridimensionamento delle risorse proprie accumulate mediante margini di profitto sempre più esigui (per la concorrenza crescente e senza regole lasciata sviluppare dall’assenza di politiche nazionali in materie industriali e commerciali), anche dalla difficilissima condizione finanziaria dovuta al ruolo loro imposto di finanziatori impropri dei clienti e dei committenti (in primo luogo gli Enti Pubblici), i quali pagano in enorme e crescente ritardo. Mentre i creditori devono essere pagati in tempi assai più ristretti, perché  hanno forza contrattuale maggiore (quando forniscono energia e materie prime) o perché sono anch’essi piccole imprese operanti sullo stesso territorio che non possono essere messe in difficoltà, pena la perdita di un tessuto di attività specializzate e integrate che fa dell’agire in reti informali, la sua forza.

Dunque concludeGiovanni Diniquando la ripresa verrà, se verrà, molte nostre imprese potrebbero trovarsi impreparate tecnologicamente e organizzativamente, squilibrate finanziariamente, senza riferimenti adeguati in materia di politiche industriali e commerciali”.

dalla CNA

Redazione Ancona Notizie
Pubblicato Giovedì 23 settembre, 2010 
alle ore 19:14
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