AnconaNotizie.it
Versione ottimizzata per la stampa

Le fiabe fatte e gu(a)state: intervista a Paolo Rinaldi

Consigliata la supervisione di un adulto ai minori di anni 10

Paolo Rinaldi è una persona seria. Un uomo tutto d’un pezzo. Responsabile sul lavoro, dedito e attaccatissimo alla sua splendida famiglia. Poi, se hai il piacere e la possibilità di frequentarlo e di parlarci per più di cinque minuti, ti accorgi che fatichi a “stargli dietro”. Paolo è un vulcano. Un serbatoio senza fondo di idee geniali.


Di sé dice, che molti dicono, che ha il talento di trasformare l’ironia in riflessione e la satira in meditazione. Dice anche, che i suoi lavori sono dei sicuri pugni allo stomaco e – aggiungo io – quanto mai potenti e inaspettati. Dice che, altri dicono, che ha un’intelligenza acuta, una curiosità indomita e, sicuramente, lo spirito leggero di un fanciullo. Ed è tutto vero, dico io.

Ogni lavoro di Paolo Rinaldi, quelli che lui non riesce a chiamare “opere d’arte” perché lo fa sorridere, sono vere e proprie bombe che entrano nella testa attraverso gli occhi e lì esplodono, provocando il caos fra attrazione e repulsione: l’una per la forma, l’altra per il senso neanche tanto dissimulato. Paolo non è un pittore, non è uno scultore e non è un fotografo, non è neanche un performer o un videoartista.
Paolo Rinaldi è un creatore che materializza le proprie idee alla vista di tutti e che inietta nella coscienza un sentore di pericolo, e lo fa ogni volta, attraverso i mezzi che meglio gli si adattano.

Senza scendere nel dettaglio, converrai che fra la tua professione ufficiale e la tua attività artistica c’è un abisso. È quindi chiaro che non hai un passato e una formazione che ti hanno condotto a certi risultati creativi: come ci sei arrivato?
Sì, direi che convengo! In effetti è così… però credo che, quella che io chiamo “ispirazione”, ce l’hai dentro comunque, indifferentemente da ciò che fai per vivere. Si può benissimo svolgere il proprio incarico con serietà e affidabilità finché si è in ufficio. Non è necessario portarselo dietro. Quello che faccio fuori, ovviamente nel rispetto di determinate regole, è una cosa diversa, che non incide e non compete con la mia professione.

Quand’è che hai cominciato a – diciamo così – dare sfogo a questa ispirazione?
In realtà pochissimo tempo fa! Nel giugno del 2010 è scattato qualcosa. Le idee le ho sempre avute, ma a un certo punto ho voluto mettermi in gioco e tentare… così, per vedere l’effetto che avrebbe fatto! Ho semplicemente provato e ho anche partecipato alla mia prima mostra! Anche se, fino ad allora, mi sono allenato colorando i disegni di mia figlia! (ride N.d.R.)

Solo poco più di due anni fa? Che io sappia, di mostre ne hai fatte tantissime!
In effetti, ho recuperato il tempo perso! Solo da giugno a dicembre di quell’anno di mostre ne ho fatte almeno 5. Partecipai anche a una mostra a Venezia e lì, mi selezionarono per il padiglione Umbro della Biennale. È stata una bella soddisfazione!

Tra l’altro, se non vada errata, ad ogni evento sei sempre stato presente, e lo sei tutt’ora, con un’opera diversa, nonostante capiti spesso che siano l’una a poco tempo di distanza dall’altra: come fai?
Sempre diversa! Credo sia perché ogni cosa che ho intorno è uno stimolo per una nuova idea. Ti faccio un esempio. Quando sono stato invitato a partecipare alla collettiva AR[t]CEVIA a Fabriano nel 2011, mi è stata mostrata una stanza e mi è stato detto: “Qui, puoi fare tutto ciò che vuoi!”. Nello stesso spazio c’era un’altra opera ed era bellissima! Io non potevo essere da meno! C’ho pensato un po’ e mi è tornata in mente una cosa che era successa qualche sera prima. Mia figlia aveva perso uno degli ultimi denti da latte e, mentre eravamo a cena, disse: “Ma se lo metto sotto il cuscino, la fatina dei dentini passa anche per questo?”. Mia moglie ed io ci siamo guardati e siamo scoppiati a ridere! Di colpo mi accorgo che le si erano riempiti gli occhi di lacrime: “La fatina dei denti… non esiste, vero?” – Poi cominciò a piangere singhiozzando: “Quindi, se non esiste lei, non esiste neanche Babbo
Natale!
”. È stato da quell’episodio che mi è venuta l’idea della fine delle favole. Se la favola di Biancaneve fosse finita così, come tutto finisce nella realtà, i nani sarebbero invecchiati e, uno ad uno, sarebbero passati a miglior vita, mentre Cucciolo, che è il più giovane, avrebbe seppellito tutti gli altri. Ho lavorato un giorno e una notte interi e ho finito di montare l’istallazione poco prima dell’inaugurazione. Il titolo ovviamente era “La fine della fiaba”…

Ciò che stupisce, aldilà delle tante idee che ti vengono, è il fatto che “funzionino” sempre, e l’una meglio dell’atra? Come riesci?
Le idee mi vengono così, una dietro l’altra, a ciclo continuo! Qualunque episodio o cosa mi è da stimolo. Poi, il fatto che funzionino, credo sia semplicemente questione di fortuna! Per me è una specie di divertimento, ma d’altronde, tutto quanto è un enorme parco giochi!

Alla tua ultima istallazione per la mostra “Forme d’odio” hai dato il titolo di “Beatrice”. Si tratta di un concetto espresso in maniera piuttosto ruvida e prepotente. Come mai hai deciso di darle il nome di tua figlia?
Semplicemente perché… potrebbe esserlo! L’istallazione è composta dal manichino di una bambina che indossa una maschera antigas e che annaffia un kalashnikov che spunta da terra. Sta ad indicare il fatto che l’odio si inizia a coltivarlo sin da piccoli. Siamo noi genitori che, senza rendercene conto, inculchiamo e insegniamo l’odio ai nostri figli! Ogni forma di odio cresce di pari passo con loro! Se io avessi una profonda inimicizia, che so, con il mio dirimpettaio, per fare un esempio, e tutti i giorni stessi lì a dirne di peste e corna, anche mia figlia finirebbe per odiarlo, o per odiare tutti quelli che hanno degli atteggiamenti simili o delle caratteristiche che le ricordano lui. È in questo modo che si impara ad odiare…

C’è qualche opera del panorama attuale dell’arte che avresti voluto fare tu?
Oh, sì che c’è! Tutte quelle che vedo e che mi piacciono, avrei voluto farle io! Ma va bene così, mi piacciono e basta… quindi me le godo!

Qualche grosso progetto futuro?
Progetti sempre tanti! Anche se, di sicuro, non saranno tutti attuabili. Sai com’è, si pensa sempre in grande, ma fra la progettazione e la realizzazione… c’è di mezzo la realtà!

C’è un’opera a cui sei più legato in assoluto?
Sì che c’è! Ed è sempre la prossima! Ogni volta che comincio qualcosa non vedo l’ora di portarla a termine! Poi, una volta finita, resto a contemplarla, me la godo per un po’ e infine la metto via! Comincio subito a pensare a un futuro lavoro!

Concludiamo con due tuoi pensieri: uno positivo e uno negativo riguardo l’arte…
Quello positivo potrebbe essere il fatto che l’arte, per fortuna, non è tutto ciò che conta nella vita. Il pensiero negativo invece, è che per qualcuno l’arte è davvero tutto, finendo per perdere di vista i giusti e semplici valori e riducendosi, a volte, a divenire persone idealmente povere.

Intervista di Laura Coppa

Redazione Ancona Notizie
Pubblicato Venerdì 11 gennaio, 2013 
alle ore 17:20
Come ti senti dopo aver letto questo articolo?
Arrabbiato
In disaccordo
Indifferente
Felice
D'accordo
Commenti
Ancora nessun commento. Diventa il primo!
ATTENZIONE!
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Ancona Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password

Già registrato?
... oppure Registrati!