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Staminali dal liquido amniotico

Uno degli artlogo università politecnica marcheicoli più significativi del mondo del triennio 2006/2009 è stato incluso in una raccolta della Biocell Center riguardante le cellule staminali da liquido amniotico.


L’articolo tratta dell’isolamento e del differenziamento in senso neuronale delle cellule staminali derivate da liquido amniotico: negli ultimi anni, l’utilizzo delle cellule staminali ha generato un crescente interesse nell’ambito della medicina rigenerativa e delle terapie oncologiche. Le cellule staminali con maggiori potenzialità differenziative derivano dalla massa cellulare interna dell’embrione; il loro diretto utilizzo crea profondi problemi etici e metodologici. Ma recenti dati hanno indicato il liquido amniotico quale fonte di cellule staminali multipotenti (AFMSCs), in grado di auto-rinnovarsi e di differenziarsi in cellule specializzate rappresentative di tutti e tre i foglietti embrionali. Esse non sollevano problematiche di tipo etico, mostrano una bassissima immunogenicità nonché rischi minimi di originare teratomi. Per tali ragioni, il liquido amniotico appare come una promettente fonte alternativa per l’ottenimento di cellule staminali a scopo terapeutico e per la creazione di banche. In questo studio condotto dall’équipe coordinata dal professor Roberto Di Primio, le AFMSCs sono state mantenute in coltura con diverse condizioni, caratterizzate per il fenotipo e poi congelate per periodi di tempo variabile (da una settimana a sei mesi). Successivamente sono state indotte al differenziamento neuronale utilizzando diversi protocolli. Sebbene l’immunofenotipo sembri non essere influenzato dal mezzo di coltura, le cellule hanno mostrato una differente risposta alla conservazione a bassissime temperature e al differenziamento in senso neuronale.

Il lavoro evidenzia dunque come l’utilizzo di procedure di isolamento ed espansione differenti possano portare a risultati discordanti, fino a compromettere la possibilità di differenziamento. Di qui, la necessità di individuare un protocollo ottimale e condiviso per il loro utilizzo.

Da Università Politecnica delle Marche

Redazione Ancona Notizie
Pubblicato Lunedì 6 luglio, 2009 
alle ore 16:29
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