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Immigrazione Marche, solo l’8% degli espulsi abbandona l’Italia

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Uno su tre lavora in nero, nessuna sanzione per chi occupa senza regolarizzare. Meno del 10% ha un procedimento penale in corso, la metà per reati di non allarme sociale, come la vendita di merce contraffatta

Il convegno ad AnconaSolo l’8% dei cittadini immigrati colpiti, nelle Marche, dal decreto di espulsione abbandona effettivamente il territorio nazionale. Uno su tre di queste persone, pari al 34%, ha un lavoro nero ma nessuna segnalazione è mai stata fatta all’ispettorato del lavoro e alla procura della Repubblica nei confronti delle imprese che li occupano senza assunzione. Gli espulsi, inoltre, non sono criminali visto che solo l’8% ha un procedimento penale in corso e la metà di questi processi riguarda reati che non creano allarme sociale, come la vendita di cd contraffatti.

 
Sono i dati che emergono dall’indagine “Diamo voce a chi non voce, curata dall’avvocato Andrea Rosenthal dell’Associazione Consiglio Europeo Senza Frontiere, per l’assessorato regionale all’Immigrazione, presentata domenica 29 novembre ad Eco&Equo ad Ancona durante il convegno “Immigrazione: le buone pratiche nelle Marche”.

Abbiamo voluto fare ancora un passo in più verso l’integrazione – ha detto l’assessore regionale all’Immigrazione, Marco Amagliani, che, insieme alla solidarietà, crediamo sia l’unico modo per accogliere queste persone. Non ci saranno, infatti, eserciti di sorta che potranno chiudere le porte del mondo occidentale a questi cittadini costretti a scappare dai loro Paesi per cercare un posto dove raggiungere diritti fondamentali come quello alla salute, alla casa, al lavoro”.

Con questo obiettivo, ha ricordato Amagliani, “abbiamo fatto tanto lavoro in questi anni ma tanto ne va ancora fatto per favorire il processo di integrazione. Abbiamo fatto una legge regionale per gli immigrati, raddoppiandone negli ultimi anni il fondo, che è stata riempita di contenuti dalla nostra sensibilità politica e che ci spinge a lavorare per creare una realtà multiculturale”.

Dalla ricerca “Diamo voce a chi non voce”, in cui sono stati analizzati 1.141 fascicoli dei ricorsi contro le espulsioni, presentati dai cittadini stranieri dal settembre 2004 al dicembre 2007 ai giudici di pace nelle province di Ascoli Piceno, Macerata, Pesaro Urbino, emerge anche che la legge italiana, la Bossi-Fini, non garantisce ai migranti la stessa tutela dei diritti fondamentali offerta ai cittadini italiani. Queste persone, infatti, sono già soggette alle procedure dell’ambitissimo “processo breve” di cui tanto si discute in questo periodo. Nell’84% dei casi, dura, infatti, 15 minuti, con punte anche di 6 minuti, compreso il tempo per scrivere la sentenza, un’udienza per le persone immigrate che fanno ricorso contro il decreto di espulsione emesso dalle prefetture.

Il paradosso – ha detto Rosenthal – è che nel Paese dove esistono i processi con la durata più lunga, gli immigrati hanno a disposizione solo qualche minuto perché si decida della loro vita e, di solito, viene fatto senza la loro presenza nell’aula dei tribunali, come prevede la legge Bossi-Fini. Alcuni giudici di pace, però, accettano, umanamente, la presenza del cittadino straniero, come stabiliscono diverse sentenze della Corte dei Diritti europea, concedendo loro di parlare”.

Al processo, partecipa il 35% degli immigrati colpiti da espulsione, per tutti gli altri non c’è contradditorio. “Il decreto di espulsione – ha spiegato Rosenthal – è una sanzione amministrativa che dura dieci anni. Può essere variata a seconda delle condizioni dell’immigrato, se lavora in nero, se ha famiglia in Italia, se ci sono i suoi figli. Questi fattori, però, non vengono mai tenuti in considerazione e la riduzione della sanzione non avviene mai”.

Nell’incontro, si è anche parlato delle “buone pratiche” realizzate dagli Ambiti territoriali sociali di Ancona, Fermo, Jesi (An), Macerata, Pesaro, Porto Sant’Elpidio (Fm), San Benedetto del Tronto (Ap), San Ginesio (Mc) e dalle associazioni di immigrati e di volontariato, per gli immigrati che vivono nelle Marche, 131.033 persone, pari all’8,5% della popolazione regionale, come ha spiegato il dirigente del Servizio regionale Politiche sociali, Paolo Mannucci, contro una media nazionale del 6,5%.

Quella immigrata è una popolazione giovane, con il 15,9% di persone con un’età inferiore ai 17 anni, che viene,per il 58% dai Paesi europei, il 21% dall’Africa, il 14% dall’Estremo Oriente, il 6,9% dal Sud America. A questo panorama di etnie e di culture, è stato dedicato il libro “Il mondo in una regione – Storie di migranti nelle Marche”, edito dalla Ediesse, realizzato dallo scrittore Angelo Ferracuti e dal fotografo Daniele Maurizi e presentato durante il convegno. “Abbiamo voluto raccontare questi che sono i nuovi marchigiani – ha detto Ferracuti –, parlare delle vicende e delle culture delle diverse comunità che vivono qui, cinesi, indiani, africani, peruviani, Sik, bengalesi, descrivere con le parole e con le immagini le storie positive di queste persone perché crediamo che non si possa parlare di loro solo in termini negativi, con il solo scopo di attuare una speculazione politica”.

Redazione Ancona Notizie
Pubblicato Lunedì 30 novembre, 2009 
alle ore 10:51
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