Jesi: piano industriale o documento di carattere promozionale?
L’attuale discussione sul “cosiddetto piano industriale” rischia di diventare fuorviante, poiché la inaccettabilità degli impianti proposti dalla Eridania è già attualmente ben intuibile e comprensibile.
Dalla documentazione già a disposizione del Comune di Jesi, infatti (slide luglio 2008, slide luglio 2009, lettere dell’azienda al Comune, ecc..) risulterebbe che gli impianti proposti, prelevando centinaia di milioni di euro di nostri soldi come incentivi pubblici, lascerebbero sul territorio tonnellate di inquinanti pericolosi per la salute ed impattanti sull’ambiente. Tutto ciò nonostante la nostra zona sia stata definita con delibera di consiglio regionale una Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale AERCA, le cui criticità, come esplicitamente previsto dalle normative vigenti, devono invece essere risolte.
Tuttavia, possono essere utili alcune considerazioni di carattere generale sulla documentazione presentata in Comune in questi ultimi giorni che alcuni, forse un po’ frettolosamente, hanno chiamato “piano industriale”.
La stessa SECI Energia, cioè la holding del Gruppo Maccaferri proponente, definisce (pag.1) il documento presentato in data 19 Novembre 2009 al Comune di Jesi una “Presentazione del Progetto”. In effetti, esso assomiglia più ad un documento di carattere promozional-commerciale che di carattere tecnico-progettuale. Di fatto, la “presentazione del progetto” potrebbe essere definita una “nuova edizione delle slide” precedentemente presentate, messa in altro formato (verticale anziché orizzontale) e più discorsiva.
Il documento presentato, quindi, di fatto non è né un progetto né un approfondito piano industriale che aggiunge informazioni oggettivamente significative o chiarificatrici a quanto già dichiarato in altre documentazioni già a disposizione del Comune (slide, lettere, ecc..).
Se, fino ad oggi, alcune forze politiche hanno definito insufficienti le informazioni a disposizione, tanto da chiedere la predisposizione di un piano industriale prima delle firma dell’accordo (ricordiamo, era stato richiesto nell’atto di indirizzo votato a maggioranza dal Consiglio Comunale il 13 dicembre 2008 che ciò venisse fatto entro marzo 2009) è oggettivamente impensabile che la documentazione fornita possa essere ritenuta chiarificatrice sui legittimi dubbi dei consiglieri e dell’amministrazione, tenuto conto della enorme consistenza della proposta fatta, sia da un punto di vista ambientale e sanitario, sia sociale e di indirizzo di sviluppo di Jesi e della Vallesina per i prossimi decenni (non dimentichiamo, ad esempio, il ruolo fondamentale dell’Api di Falconara).
Poco di tecnicamente rilevante si dice su specifiche e componentistiche progettuali che si ha intenzione di adottare, sulla filiera corta, sulle BAT, sul piano economico, sulle tempistiche, sugli sviluppi futuri dell’area, e soprattutto sulle garanzie occupazionali.
Nulla viene detto sull’impatto sanitario, se non indicazioni generiche di massima o scarni risultati di simulazioni delle quali non viene fornita alcuna indicazione rispetto alle scelte operate per la definizione dei parametri e delle ipotesi significative su cui si basano. Non viene fatta alcuna citazione di studi epidemiologici eseguiti sia nella nostra zona sia in altre situazioni similari.
“Note di colore”, come il dire che il metanolo (che verrebbe immesso in atmosfera dall’impianto di produzione di biodiesel) è “noto da tempi immemori per il suo odore e sapore gradevoli” (pag.10), assumono, di fronte alla profonda lacerazione che sta vivendo la nostra città su tutta la vicenda, un carattere che sfiora l’offesa alla dignità ed all’intelligenza dei cittadini.
Si presuppone che una Commissione che si dice Tecnica già dovrebbe conoscere la gran parte delle generiche informazioni fornite nel documento, come ad esempio la parzialmente citata direttiva europea 2009/30/CE, che, per altro, se analizzata nella sua interezza, sottolineerebbe ulteriormente le perplessità e le criticità su biocarburanti e bioliquidi di I generazione (ad esempio quelli basati sull’olio di palma) già espresse dalla direttiva del 17 dicembre 2008.
A nostro parere, un ingegnere di quella commissione tecnica, proprio per una questione di deontologia professionale, avrebbe dovuto o dovrebbe immediatamente chiarire il carattere non tecnicamente o progettualmente approfondito del nuovo documento, evitando così i fuorvianti proclami sui media locali di coloro che tuttora continuano a chiamare “piano industriale” una semplice “presentazione”.
Da Massimo Gianangeli – Comitato per la Tutela della Salute e dell’Ambiente della Vallesina
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