I ritardi del porto di Ancona, l’allarme dei sindacati
Da tempo immemorabile il porto di Ancona soffre di un deficit di infrastrutture che ne limitano e ne rendono poco agevole il funzionamento (vedasi l’uscita dal porto da realizzare da oltre 20 anni, le opere a mare, le banchine, il porto turistico, la delocalizzazione del porto peschereccio).
A questa situazione si aggiunge, attualmente la congiuntura economica che sta facendo diminuire drasticamente il traffico delle merci (meno 15% solo per API) e passeggeri (-30% nei primi 3 mesi). Non si capisce come a tali condizioni, sicuramente non brillanti, si unisca un’inerzia delle Istituzioni locali che con lungaggini burocratiche ritardano ulteriormente l’avvio di tali necessarie infrastrutturazioni.
Emblematico è l’incomprensibile ritardo da parte della Regione Marche per l’affidamento dei lavori per la vasca di colmata già aggiudicati con gara d’appalto e risolto il problema di un ricorso contro il medesimo. Altrettanto sorprendente è come, la stessa Regione, pressoché unica in Italia abbia deciso di applicare un “balzello” (tassa sulle concessioni demaniali delle aree ricadenti nelle Autorità Portuali) che penalizza economicamente le imprese portuali e che, per esplicita dichiarazione dei Ministeri dei trasporti e dell’economia, non dovrebbe essere corrisposta da tale ambito (cosa recepita in tutti gli altri porti dell’Adriatico).
Altresì è singolare come un giudizio di valutazione di impatto di ambientale per la variante al piano regolatore / di sviluppo del porto con risorse già stanziate abbia tempistiche che considerare bibliche rappresenta un eufemismo. Con questi presupposti ritengono difficile attuare l’auspicato rilancio del porto di Ancona ed appare utopistico parlare, in queste condizioni, di progetti di là da venire come la macroregione Adriatico – Ionica.
da Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti
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