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Sanità, Latini su Area Vasta 2: “Un piano da rivedere”

Dino LatiniIl piano di area vasta n.2 risponde ad una logica giusta sotto il punto di vista del contenimento della spesa, ma non prende in esame la possibilità valorizzare l’esistente. Su questo invece noi puntiamo come progetto diverso e realizzabile.


Non si tratta di una critica partitica o di una polemica demagogica, ma invece di una riflessione su un diverso percorso che potrebbe portare a risultati analoghi con meno sacrifici per gli assistiti. Ancona, capoluogo di regione rimarrà di fatto senza una struttura ospedaliera di base, non essendo i 70 posti letto previsti nel nuovo Inrca in grado di rispondere alle esigenze della città. Tutta la comunità della bassa valle del Musone non avrà più punti di riferimento ospedalieri essendo in chiusura Loreto, Recanati e Chiaravalle e con Osimo che rimarrà aperto fino al nuovo Inrca (con depotenziamento di fatto giorno dopo giorno).

Mezza provincia deve quindi andare a ricevere cure ospedaliere di base negli ospedali di Jesi, Fabriano e Senigallia. Ma Jesi non riesce a definire un solo ospedale dei tre aperti e ha servizi che sono – e saranno – a metà per assenza di personale e percorsi incompleti di servizi e strutture. Senigallia si trova in una condizione ancora peggiore perché non si prevede un adeguamento dei servizi in grado di reggere il nuovo afflusso e niente viene stabilito effettivamente per la pronta emergenza. Fabriano riesce solo a raccogliere assistiti della fascia montana che altro.

Un quadro a nostro avviso realistico e sconcertante, a cui si unisce ancora il fatto che il CUP funziona poco e che l’avvio della ricetta elettronica per i medici di base creerà altri problemi di tempo e di aggravio di procedura. Cosa fare di diverso? Ancona deve avere un ruolo preciso a livello di base, raccogliendo strutture e servizi poliambulatoriali specialistici in cui far rientrare tutta la mobilità passiva che oggi si paga verso le altre regioni. Altrimenti fra poco si dovrà riaprire qualcosa di analogo sotto la spinta della protesta.

I presidi esistenti (Loreto, Chiaravalle, Recanati, Cingoli e Osimo) devono rimanere in piedi e non solo per la lunga degenza ma come ospedali di prossimità, avendo il compito di filtrare davvero la mole di richieste e divenire la base di inserimento del lavoro dei medici di base e delle funzioni della casa della salute. Per la prima volta la regione deve costruire un sistema di controllo preventivo sulle spese delle prestazioni ad ogni livello. Il risparmio di spesa potrebbe essere nell’ordine del 10% – 20%. Il triangolo ospedaliero di Jesi, Fabriano e Senigallia, deve coniugare i servizi migliori rendendoli estremamente efficienti in modo da dare una unica risposta alle valli dell’Esino e del Misa e all’area montana, senza avere buchi o doppioni. E si devono avviare veramente i distretti sanitari a cui la gente chiede risposte multiple sia sanitarie che sociali.

da Dino Latini
consigliere regionale

Redazione Ancona Notizie
Pubblicato Lunedì 30 luglio, 2012 
alle ore 15:45
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