Gobbi (CNA): “La nuova legge sul Made in Italy non serve agli artigiani”
“Contro la crisi coinvolgere gli industriali e la Regione per realizzare accordi tra imprese finalizzati a recuperare produttività all’interno dei nostri distretti e contrastare la delocalizzazione delle produzioni”
Promuovere iniziative unitarie delle associazioni artigiane per affrontare il tema della delocalizzazione delle produzioni coinvolgendo l’associazione degli industriali e la Regione, con l’obiettivo di promuovere accordi di produzione tra imprese nel quadro di un impegno volto a recuperare produttività.
E’ questo il primo obiettivo del nuovo presidente regionale Cna Federmoda Luigi Gobbi, titolare del calzaturificio Toolk, di Campiglione di Fermo, eletto dall’assemblea della categoria, alla presenza del segretario nazionale Cna Federmoda Antonio Franceschini.
“La crisi” afferma Gobbi “ha colpito pesantemente le nostre aziende, soprattutto quelle della subfornitura. Solo nel primo trimestre 2009 nella nostra regione, le imprese del settore tessile e abbigliamento hanno visto la chiusura di 87 attività rispetto a 65 nuove aperture e ancora peggio è andata al calzaturiero che ha registrato la scomparsa di 107 aziende contro 61 iscrizioni al registro delle imprese presso le Camere di Commercio. Oltre alla crisi dei consumi, le 5.108 imprese calzaturiere marchigiane e le 2.274 aziende del tessile abbigliamento, risentono anche della concorrenza illecita dei falsi importati dall’esteroe dei troppi laboratori abusivi presenti sul territorio regionale.“
Una crisi pesantissima quella del sistema moda marchigiano, che secondo l’indagine “Trend Marche”, curata dalle associazioni artigiane, ha portato, nell’ultimo anno, ad una riduzione del fatturato nel calzaturiero del 29,4 per cento mentre il calo del tessile abbigliamento è stato più contenuto e si è fermato al 5,7 per cento. Una situazione di grande difficoltà, confermata anche dall’uso massiccio della Cassa integrazione, che lo scorso anno è aumentata addirittura del 353 per cento nel tessile abbigliamento (dove è arrivata a 1 milione e 786 mila ore) e del 280,6 per cento nel calzaturiero (dove le ore sono state 3 milioni e 110 mila).
“Purtroppo” precisa Gobbi “la nuova legge sul made in Italy, recentemente approvata dal Parlamento, non risolve i problemi delle nostre piccole e medie imprese. Anzi, consentendo di etichettare come prodotti nel nostro Paese i vestiti, gli articoli in pelle e le scarpe realizzati per due sole fasi di lavorazione in Italia e limitandosi a richiedere la tracciabilità della produzione per le restanti fasi, sancisce la fine del vero made in Italy. Questo perché le fasi di lavorazione di maggior pregio potranno essere eseguite all’estero ed il consumatore non lo saprà mai. Con questa legge, infatti potrà fregiarsi del marchio made in Italy anche chi decidesse di conciare la pelle nel nostro Paese, svolgere il resto del lavoro di taglio, orlatura e montaggio all’estero e poi ultimare la lavorazione da noi con una semplice lucidatura. Così si ingannano i consumatori e si penalizzano i nostri artigiani del sistema moda, che fanno prodotti di qualità interamente sul territorio marchigiano“.
Per contrastare questa situazione, Cna Federmoda ha deciso di promuovere iniziative unitarie con la Confartigianato per promuovere la legge sul made in Italy 100% e contemporaneamente fare pressione sul Parlamento Europeo, unica sede titolata a definire la questione, affinché si giunga ad una regolamentazione seria, trasparente non ingannevole per i consumatori, che preveda l’etichettatura di provenienza per tutti i prodotti extracomunitari e contrasti duramente chi utilizza il marchio made in Italy se il prodotto è realizzato altrove.
dalla CNA Marche
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