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Casinò tradizionali in crisi: il grido d’aiuto al Governo, ancora oggi inascoltato

La crisi economica dei casinò terrestri. Bisogno di aprire quanto prima

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Quando si parla di casinò, subito ci si immagina il lusso di luoghi frequentati da benestanti nel corso dei secoli e non ci si potrebbe mai aspettare che essi potrebbero trovarsi in difficoltà economica, eppure in epoca moderna questo accade, anche perché dopotutto alle spalle dell’immagine eterea di lusso non ci sono altro che aziende con conti da far quadrare.

Il 2020, l’anno del Covid in Italia, è stato un periodo duro anche per queste imprese che si sono ritrovate, come altri generi d’attività con le serrande abbassate di punto in bianco. Le riaperture avvenute con il mese di maggio avevano aperto uno spiraglio di speranza, anche se di fatto nei mesi estivi non si è di certo recuperato quanto perduto prima. La colpa è da attribuirsi alla diminuzione, comunque, dell’utenza dei casinò tradizionali.

I motivi? In parte le restrizioni di sicurezza applicate e poco gradite, l’effettivo timore delle persone di frequentare luoghi chiusi non “indispensabili”, molto ha fatto poi che il turismo in Italia ha avuto, di fatto, volumi decisamente inferiori rispetto agli anni precedenti e molto spesso i clienti dei casinò sono proprio questo tipo di ospiti che contemplano il gioco d’azzardo come un intrattenimento a completamento di una vacanza rilassante.

Indipendentemente dal motivo, comunque, i mesi di riapertura non di certo hanno sistemato i conti. Il nuovo dpcm, che ha imposto nuove chiusure, ha dato all’economia dei casinò terrestri italiani l’ennesimo colpo di grazia. Una beffa, per alcuni, in considerazione degli investimenti fatti per adattarsi alle esigenze di distanziamento e sicurezza necessari.

La crisi economica dei casinò terrestri

Con la seconda ondata di Covid in Italia e le relative nuove chiusure delle attività in tanti settori, sono partiti anche una serie di aiuti che tuttavia non hanno preso in considerazione il settore dei giochi e degli intrattenimenti ludici. Oltre al danno economico, quindi, gli esercenti del comparto si sono ritrovati spaesati e privi di speranze, ma con una lista di spese da sostenere ancora ben chiare nero su bianco.

Il settore ha atteso un dpcm dopo l’altro di essere preso in considerazione, ma di fatto questo non è mai avvenuto, quantomeno non negli ultimi mesi. È probabilmente per questo motivo che i casinò terrestri italiani hanno ritenuto necessario agire congiuntamente per avanzare un appello al Governo, al fine di richiedere un aiuto.

Alle spalle dei casinò, della loro storia tradizionale, del lusso, della futilità, se vogliamo, del settore, ci sono infatti comunque delle aziende, con delle spese e delle responsabilità nei confronti dei propri dipendenti. È così che il Casinò di Venezia, con il Casinò di Sanremo e quello di Saint Vincent, ormai ultimi baluardi del gioco tradizionale sul territorio, hanno redatto ed inviato un documento unico congiunto per la richiesta di un sostegno. Qui si è sottolineato che si tratta di aziende che pagano le tasse in Italia in modo puntuale, si sono messi in evidenza i numeri relativi ai dipendenti dei casinò e anche il valore storico che queste case da gioco possiedono nelle relative città.

Bisogno di aprire quanto prima

Le case da gioco già prima del Covid non se la stavano certo passando benissimo e le chiusure avvenute negli ultimi anni (si ricordi il Casinò di Campione, per esempio) ne sono prova tangibile. È per questo che non sono oggi in grado di sostenere un così lungo periodo di chiusura.

La “colpa” indiretta di questo è probabilmente da attribuirsi anche al successo dei casinò online AAMS, come quelli proposti da portali come Casinos.it. Difficile dopotutto è stare al loro passo, riuscire a proporre la medesima ampia gamma di giochi e soprattutto gli stessi sconti e le stesse promozioni, dal momento che un casinò fisico ha sicuramente molte più spese. Se con il Covid i casinò online hanno registrato incassi stratosferici, quelli fisici con un fatturato vicino allo zero, rischiano di chiudere definitivamente se non si procede quanto prima alla riapertura.

Questa, quindi, la principale richiesta dei casinò terrestri, che promettono l’impiego di tutte le misure di sicurezza del caso e la piena disponibilità a sottoporsi a controlli da parte di chi di dovere. Sempre nel medesimo documento si aggiungono richieste quali la cassa integrazione per i dipendenti e una ritrattazione delle imposte, considerate non sempre equilibrate, ma anzi sproporzionate rispetto a quanto effettivamente incassato.

Attualmente ancora non c’è stata una risposta ufficiale al documento congiunto dei casinò da parte del Governo e le serrande stanno rimanendo abbassate: insomma, anche se la speranza dovrebbe essere “l’ultima a morire”, di sicuro la fiducia in questo caso rischia davvero di vacillare.

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