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L’arte coeva la capisce anche un bambino: intervista a Juri Lorenzetti

Juri LorenzettiFacciamo una chiacchierata, fra un bicchiere di vino e una redbull, in piazza delle Monachette a Jesi. E’ una delle prime serate in cui la primavera si sente nell’aria e si sente addosso: siamo nel posto giusto e con la giusta compagnia, mentre la musica di un vinile scandisce le mie domande, le risposte di Juri, le prese in giro e le risate di entrambi.



Juri è giovanissimo. Un ragazzo brillante che si è costruito una vita da solo. Vive a Camerata Picena ma lavora a Cupramontana. Fa il benzinaio, ed è fiero di guadagnarsi da vivere con il suo lavoro: “Non faccio il figo! Non potrei ancora vivere di arte! Per me è una passione, una necessità, una fuga! Non sono neanche sicuro di volere che diventi il mio principale lavoro… subentrerebbero altre cose, responsabilità, situazioni che forse, mi toglierebbero l’immenso piacere che, in verità, provo nel farlo…

L’opera di Juri è prettamente emotiva e altamente evocativa. Come nell’astrattismo alla sua origine, riduce ogni parte dei singoli elementi in geometrie essenziali, per poi ricomporle in opere che, per eccezionale somiglianza e per puro rimando, esplicitano un soggetto, seppure le forme siano sintetizzate e come se scorte da lontano.

Tuttavia, Juri non segue le regole che sono alla base di un’astrattismo accademico e, tanto meno, quelle dei vari concettualismi. Juri trasforma tutto ciò che gli sta intorno in forme essenziali e di matrice umana: le geometrie appunto, e le linee rette intersecate.

Definisci la tua opera…
Riflessi lagunari, Juri LorenzettiSembrerebbe ovvio parlare di astrattismo, ma usato così è veramente troppo generico! Non me ne sento parte, neanche di uno dei sottogruppi che comprende. Non mi piace inserirmi in qualche forma avanguardistica, nessuna di queste la sento mia fino in fondo! Io racconto, parto sempre da un qualcosa di cui ho voglia di parlare e, in base a quello, vado alla ricerca dei materiali più adatti a farlo nella maniera opportuna al caso. Non sono un astrattista, né un informale e né un artista concettuale! Sono uno che racconta di cose, di profumi, di viaggi, di colori… Ogni opera è un pensiero improvviso e annotato su di un post-it; lo appunto e lo riprendo in seguito, per svilupparlo al meglio e con tutto il tempo necessario.

C’è comunque una profonda ricercatezza nei tuoi lavori. Come si svolge il processo di realizzazione di ogni opera? Intendo dire: parti da un soggetto ben definito per poi andare a togliere, a trarre via le parti descrittive in eccesso, o procedi in tutt’altro modo?
Ogni opera è in realtà una visione interiore che, appena comincia ad essere esternata, inizia un cammino completamente autonomo! Il lavoro finito non corrisponde mai al progetto iniziale! Dipende molto anche dal supporto che scelgo e che, inizialmente, penso sia più adatto. Il legno, ad esempio, conferisce alla resa dell’opera un’alchimia maggiore e ha una profonda corrispondenza con quella che è un’immagine mentale, per come la intendo io.

Una domanda scottante: sei un fine pittore figurativo… come mai hai scelto di abbandonare tale genere di pittura per sperimentarne uno opposto?
Maestro, Juri Lorenzetti(Ride, N.d.R.) Come l’hai scoperto? Mi sembrava di aver cancellato tutti gli indizi…

Diciamo che ho le giuste conoscenze…
Beh… la scuola mi ha insegnato a riprodurre la realtà così com’è, ma a un certo punto, mi è parso qualcosa di emotivemante secco e troppo “inscatolato”. Se volessi semplicemente immortalare un attimo che scorre o qualcosa che mi sta accanto, potrei farlo tranquillamente e molto meglio sfruttando il mezzo fotografico. Per me, come artista… anzi, come umile e mortale imbrattatele (Ride N.d.R), ciò che più conta è riuscire a parlare di quello che è invisibile agli altri e a ogni tipo di mezzo, analogico o digitale che sia! Dietro a ogni scorcio di realtà c’è qualcosa di cui vale la pena parlare… ed è su di quello che mi va di concentrarmi!

Nell’ultima serie di lavori hai praticamente ripulito ogni forma per farne delle geometrie pure. A cosa è dovuto questo ulteriore passaggio?
Geometrie, Juri LorenzettiSì, ho ulteriormente modificato le forme minime dotate di senso che solitamente utilizzo e le ho alterate, rapportandole al cielo di notte. Questo perché, quello del cielo stellato, è uno dei momenti che preferisco! Per me è quasi un rituale, un momento della giornata che volge al termine e che attendo con ansia. È solo a sera infatti, che posso sedermi da solo, a bere un caffè e fumare una sigaretta in tutta tranquillità. Quello è il momento in cui viene a galla qualche idea e comincio a portarla lontano attraverso l’immaginazione. Penso… e sogno! E anche quella del sogno è realtà a tutti gli effetti: è quella che la mente restituisce, dopo averla finemente macinata…

So che sei anche un bravissimo performer pittorico: come vivi le estemporanee?
Juri Lorenzetti durante una performanceTi dico la verità, non è che le ami moltissimo… nel senso che, vivo i momenti precedenti con molta tensione. Parti così, senza un progetto e senza un canovaccio.
E’ qualcosa di puramente irrazionale: sei lì, davanti alla tela e cominici a parlare di qualcosa, solo che lo fai ad alta voce! Alle volte può essere controproducente, perché è una serie di “battute” fatte di scariche adrenaliniche e capita che, alla fine, osservi quello che hai “scritto” sulla tela e ti spaventi. Non ti riconosci subito in quelle frasi pittoriche, ma sai che ce le avevi dentro. Il prodotto finale non è una vera e propria opera, ma è molto più simile a uno scambio di idee, alla comunicazione: una chiacchierata a più voci dove chi trascrive, arricchendo il testo con le proprie emozioni, sei solo tu.

Secondo te, l’arte è per tutti?
Allora, partiamo dal presupposto che tutti hanno in mano una forma d’arte che lo rende unico, dal contadino all’artigiano, e che segue dei processi, il più delle volte, agli altri oscuri. Anche nel caso dell’arte coeva, in molti casi, vi sono dei meccanismi, delle fasi che non sono di facile interpretazione. Occorre solo un po’ di ragionamento e, paradossalmente, quel tipo di supposizioni in cui sono abilissimi tutti i bambini! Per loro, l’arte coeva è un gioco e sono ottimi interpreti! Forse occorrerebbe guidare il fruitore per metterlo nella condizione di capire. D’altra parte, lo scopo dell’opera è proprio quello di mettere in moto determinate situazioni per cui, un minimo di comprensione e di empatia, deve essserci, altrimenti, è come parlare in una lingua criptata e comprensibile solo dallo stesso artista: si rompe la catena del “domanda e risposta” e il dialogo muore…

Raccontaci una tua opera…
Big Bang: e tutto ebbe inizio“Big Bang: e tutto ebbe inizio”. E’ l’opera a cui, per il momento, sono più legato. Volevo fare un lavoro sulla gravidanza, così ho chiesto ad alcune mie amiche di raccontarmi cosa avessero provato dal primo mese di gravidanza fino al parto. Il risultato è stato questo: dolore lacerante, una rottura e sepazione e un amore profondo che sovrasta su tutto.

Dove ti vedi in futuro?
Qui, in Italia. Voglio lavorare nel mio paese. Ho la fortuna di aver conosciuto tanta bellissima gente, professionale e onesta. L’Italia è grande e io devo ancora fare tanta strada…

Juri ama ridere e si vede. Lo fa con tutti e lo fa in maniera spontanea, limpida. Vuole continuare a restare folle – dice – dove “folle” significa alzarsi la mattina alle 06:00 per andare a lavorare al distributore e tornare a casa, quella che ha cominciato a pagare da giovanissimo, per trascorrere del tempo prezioso con la sua compagna, con gli amici di sempre e per continuare a contagiare il mondo che gli sta attorno con un po’ di sana creatività. La stessa che usa, mescolata all’entusiamo, in ogni cosa che fa e che gli torna indietro rafforzata. Ma “folle” significa anche viaggiare di notte in macchina per portare un’opera a trecento kilometri e poi essere di nuovo a casa la mattina dopo, pronto per il lavoro. Infine, “folle” non significa essere eccelsi locutori (“Io non sono bravo a parlare!” – ha continuato a ripetermi per tutto il tempo), ma non voler smettere mai di trasmettere infinite emozioni, qualunque sia il mezzo di cui si disponga, come pure con un semplice gesto fatto di colore.

di Laura Coppa

Redazione Ancona Notizie
Pubblicato Giovedì 2 maggio, 2013 
alle ore 18:00
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